L’ORIGINE DELLE SPECIE

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Tutti noi conosciamo, abbiamo studiato a scuola o, per lo meno, abbiamo sentito parlare della Teoria della selezione naturale di Charles Darwin ma quanti possono dire di averla capita a fondo o di ricordarsela?
Vediamo di fare un piccolo riassunto di quel voluminoso e quanto mai rivoluzionario testo “L’origine delle specie” (1859) di C. Darwin e, successivamente, di rivisitarlo in chiave moderna.

Per Charles Darwin l’adattamento era un fatto ovvio, ovvero era scontato che l’orecchio fosse perfettamente “progettato” per udire, l’occhio per vedere, le pinne per nuotare, le ali per volare e così dicendo. Quello che lui cercò di far emergere dal suo studio era il fatto che tutto questo fosse avvenuto per un adattamento evolutivo in assenza del Creatore. Ed è anche per questo motivo che venne ampiamente criticato e deriso dalla società del tempo, molto legata al cattolicesimo.

Possiamo quindi riassumere la sua teoria in cinque punti essenziali:

  • Gli individui di una stessa specie si distinguono tra loro per differenze morfologiche, comportamentali e fisiologiche. Presentano cioè una variazione
  • Parte di questa variazione è ereditaria: mediamente la prole tende ad assomigliare ai propri genitori più che ad altri membri della stessa specie.
  • Gli organismi hanno una enorme potenzialità riproduttiva che però non viene mai pienamente espressa: vengono infatti generati molti più individui di quelli che raggiungono effettivamente l’età riproduttiva. In natura, in condizioni normali, il numero di individui di una popolazioni rimane, numericamente parlando, pressoché sempre lo stesso. Se ne deduce quindi che debba esistere una competizione intraspecifica (tra individui della stessa specie) per delle risorse limitate, quali cibo, spazio, partner sessuali etc.
  • Da questa competizione emergeranno vincitori i soggetti più idonei, dotati di certe caratteristiche (es: tra le Giraffe chi ha il collo più lungo può raggiungere una riserva di cibo negata ad altri, tra i Ghepardi chi è più veloce e scattante può cacciare meglio e quindi nutrirsi maggiormente, etc.) i quali avranno un maggior successo riproduttivo e lasceranno un numero maggiore di discendenti che erediterà da loro queste caratteristiche. Avrà quindi luogo un cambiamento evolutivo per selezione naturale.
  • Per effetto della selezione naturale gli organismi saranno adattati all’ambiente in cui vivono. Sopravvive il più forte, il più abile a fuggire dai predatori, il più adattato a sopravvivere in determinati climi, il più abile a conquistare un partner, etc.

 

Siccome anche l’ambiente non è costante ma in continuo mutamento (variazioni climatiche, tettonica a zolle, etc.), questa spinta evolutiva è continua nel tempo.

Nel periodo in cui Darwin elaborò la sua teoria, non era ancora conosciuto il meccanismo del’ereditarietà (introdotto la prima volta da Gregor Mendel nel 1866 col suo Saggio sugli ibridi vegetali ma ufficialmente riconosciuto dal mondo scientifico nei primi del ‘900).

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Oggi la teoria della selezione naturale viene enunciata in termini più genetici: sebbene la selezione agisca sulle differenze fenotipiche (insieme di tutte le caratteristiche osservabili di un individuo, come morfologia, comportamento etc.) in realtà ciò che cambia è il genotipo (insieme di tutti i geni che compongono il DNA) o meglio, la frequenza relativa dei singoli geni.

La teoria di Darwin può quindi essere riformulata in termini genetici moderni:

  • Tutti gli organismi possiedono geni che codificano le informazioni necessarie per la produzione di proteine. Le proteine regolano lo sviluppo di tutti gli apparati dell’individuo, determinandone di conseguenza il comportamento.
  • All’interno di una popolazione molti geni sono presenti in più forme alternative, chiamate alleli, che codificano versioni leggermente differenti della stessa proteina. Questa leggera differenza genotipica produce differenze fenotipiche che portano alla variabilità intraspecifica della popolazione.
  • Tra gli alleli c’è una competizione per conquistare una particolare posizione (locus) sul cromosoma.
  • Qualsiasi allele sia in grado di produrre un maggior numero di copie vitali di se stesso superiore a quelle di un allele alternativo, finirà per sostituirlo all’interno della popolazione. La selezione naturale è quindi l’espressione del diverso grado di sopravvivenza di alleli alternativi.

L’individuo può quindi essere considerato un veicolo temporaneo grazie al quale i geni sopravvivono e si replicano (Il gene egoista di Richard Dawkins, 1976).

Ci dobbiamo dunque aspettare che un individuo si comporti in modo tale da favorire la sopravvivenza dei propri geni.

 

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Bibliografia

  • Darwin – Le origini delle specie, 1859
  • Dawkins – Il gene egoista, 1976
  • R. Krebs e N.B. Davis Ecologia e comportamento animale, 2002
  • Mendel – Saggio sugli ibridi vegetali, 1866

 

Immagini

  • The tree of life tree of life, credits to The Open University
  • “Origin of Species”. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons
  • “1878 Darwin photo by Leonard from Woodall 1884 – cropped grayed partially cleaned” by Leonard Darwin – Woodall 1884. Licensed under Public Domain via Wikimedia Commons

 

 

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